Come l’AIE vede la domanda di petrolio da qui al 2026

18.03.2021. La domanda di petrolio è uno degli argomenti che tiene banco in questo periodo, sia tra gli investitori del petrolio sia tra chi ha a cuore il destino delle compagnie petrolifere. E’ un argomento complesso, soprattutto se esplorato al fine di produrre previsioni. Infatti, si intreccia con elementi che sfuggono alle capacità previsionali, e che rappresentano alcuni tra i più grandi dilemmi del nostro tempo. Per esempio, l’uscita dalla pandemia e la ripresa economica.

Di recente, Faith Birol, il direttore esecutivo dell’EIA (Energy Information Administration) ha espresso il suo parere circa l’andamento della domanda di petrolio da qui al 2026. Le sue dichiarazioni si sono rivelate interessanti, anche perché hanno disegnato due scenari differenti. 

Domanda di petrolio: il punto della situazione

Prima di passare alle dichiarazioni di Faith Birol è bene fare il punto sulla domanda di petrolio, ovvero sul suo andamento nell’ultimo anno, anno e mezzo. Ebbene, se si guarda a un qualsiasi grafico di consumo di prodotti petroliferi, si comprende come il 2020 sia stato un anno molto particolare… E con tinte apocalittiche. 

A dire il vero, il consumo di petrolio veniva da una fase discendente, inziata a dicembre 2019. Poi, a marzo il crollo più assoluto. Nello specifico, il consumo è passato da una media di 96,6 milioni di barili al giorno a una media di 80,6 milioni di barili al giorno nel giro di un mese, un mese e mezzo. I motivi di questo crollo sono risaputi: l’esplosione della pandemia e la necessità di adottare brutali chiusure. 

A mano a mano che la gestione della pandemia si è cronicizzato, la domanda di petrolio è aumentata. Già a luglio aveva raggiunto i 92 milioni di barili al giorno. Poi, da ottobre, una crescita abbastanza costante, ponendosi a solo 9 milioni di dal massimo del 2019.

Uno scenario positivo

In questo contesto si inseriscono le dichiarazioni del direttore esecutivo dell’AIE Faith Birol. Ebbene, egli ha descritto due scenari: uno in cui la domanda di petrolio si mantiene a livelli sostenuti, un altro in cui entra in sofferenza.

Ebbene, il primo scenario è di una domanda che continua a crescere, sull’onda della ripresa economica post-Covid. Tale scenario prevede un aumento del 4% sui livelli del 2019, raggiungibili entro il 2026. 

Uno scenario negativo

L’altro scenario è sicuramente più suggestivo. Esso si caratterizza per l’incidenza di alcuni fattori “storici”, che potrebbero mordere più del dovuto. Il riferimento è all’eventuale successo dei programmi di transizione energetica, che per ora sono abbastanza lontani dalla loro attuazione.

Contemporaneamente, il Covid potrebbe cambiare per sempre le abitudini delle persone, anche una volta che la pandemia sarà stata lasciata alle spalle. In questo caso, Birol si riferisce alla “scoperta” dello smart working, ovvero a un modo meno mobile ma più interconnesso di lavorare, che potrebbe permeare anche il mondo degli affari. Ecco che, per ragioni strutturali, il consumo del petrolio potrebbe ridursi, o comunque non tornare mai più ai livelli pre-Covid. In questo scenario, anzi, rispetto ai numeri attuali, nel 2026 ci si ritroverebbe con un consumo di petrolio inferiore anche di 5,6 milioni di barili al giorno.