Giovedì 28.01.21. Nella giornata di mercoledì 27 gennaio, Joe Biden ha emesso alcuni ordini esecutivi che affrontano di petto, benché in via preliminare, la questione ambientale. In buona parte essi riguardano il petrolio e il gas naturale, due fonti energetiche legate al “vecchio” approccio all’energia, rimarcando la netta distanza che separa la nuova amministrazione da quella precedente.
Cosa recitano gli ordini esecutivi? Per quanto concerne il petrolio e il gas, essi impongono la revisione delle richieste di permesso per le trivellazioni e le estrazioni considerate più rischiose per il clima. Sempre con l’ultima tornata di provvedimenti, il “POTUS” ha predisposto la nomina di John Kerry a commissario speciale per il clima e altri provvedimenti più simbolici, come l’impegno ad acquistare auto a zero emissioni per gli uffici federali.
Questi ordini appaiono coerenti con le promesse avanzate da Biden in campagna elettorale e in linea con la coloritura ambientalista che da qualche anno a questa parte caratterizza il suo impegno politico.
Un cambio di passo rispetto all’amministrazione Trump
Stiamo parlando, dunque, di un cambiamento netto rispetto alle politiche portate avanti dalla precedente amministrazione, o almeno di una promessa di cambiamento. L’ormai ex presidente Trump è sempre stato un sostenitore delle fonti fossili, e infatti le nuove concessioni erano avvenute sotto la sua egida. Note, oltre che minimizzanti, le sue posizioni circa il problema del cambiamento climatico, spesso evidenziate da salaci battute e da dichiarazioni capaci di conquistare immediatamente le prime pagine di giornali.
Per quanto concerne l’amministrazione Biden, invece, da essa si attende il ritorno ufficiale degli Stati Uniti negli Accordi di Parigi, per ora solo annunciato e caldeggiato.
Ovviamente, è solo l’inizio. In primis perché se l’obiettivo è “smantellare” le politiche di Trump, il lavoro da compiere è molto poderoso. In secondo luogo, perché Biden si trova a dover rispondere alle pressione degli ambientalisti, che spingono per misure più rapide e ancora più incisive.
Per esempio, laddove – proprio con l’ordine di ieri – Biden impone una revisione dei contratti per le nuove trivellazioni, gli ambientalisti chiedono uno stop incondizionato alle stesse, e il rigetto di ogni altra richiesta di concessione.
Cosa cambia per il petrolio USA
L’ordine esecutivo emesso ieri da Biden potrebbe impattare pesantemente sul mercato del petrolio, sia nel breve che nel medio termine. Infatti, a una sospensione delle nuove estrazioni, per ora possibile ma non certa, seguirebbe una contrazione dell’offerta. Non che sia necessariamente un eventualità negativa, se si considerano gli squilibri lato domanda, che rimane ancora troppo bassa causa crisi economica.
Tra l’altro, alcuni dei timori di inizio anno riguardano proprio la produzione degli Stati Uniti, e in particolare quella in “eccesso”, frutto proprio delle recenti concessione in territorio federale.
In prospettiva, il futuro stop alle nuove trivellazioni potrebbe sostenere il prezzo del petrolio (qui una previsione approfondita), e contrastare la tendenza anemica della domanda. Ovviamente, è necessario comprendere come si muoveranno gli altri paesi. Ufficialmente, e almeno per qualche tempo, si registrerà un calo della produzione, così come previsto dalla recente riunione OPEC. Sul futuro prossimo, però, regna ancora l’incertezza.