Conoscere il petrolio WTI
In questo articolo esploriamo a fondo l’argomento petrolio WTI. Nella prima parte ne descriveremo le caratteristiche e i market mover. Nella seconda parleremo del prezzo, facendo riferimento sia al 2020 che al 2021, elaborando qualche previsione circa il medio periodo. Infine, opereremo qualche precisazione sulle modalità di trading e di investimento, trattando brevemente la fondamentale e decisiva questione del broker.
Una definizione di petrolio WTI
WTI sta per West Texas Intermediate. Da un punto di vista mediamente tecnico, tale acronimo fa riferimento al petrolio greggio estratto negli Stati Uniti, e nello specifico in Texas, in Lousiana e in Nord Dakota. Viene primariamente scambiato a Cushing, in Oklahoma, dove si forma il prezzo che viene poi comunicato al NYMEX, ovvero il mercato dei future americani. Alla pari dell’europeo Brent è considerato un benchmark. Esistono svariate tipologie di petrolio oltre al WTI e al Brent, ma sono questi due a fungere da punto di riferimento per gli analisti e gli investitori. Quando si sente parlare di prezzo del petrolio, in realtà, le notizie e le info sono relative al WTI e al Brent.
Sotto il profilo tecnico, e per la precisione chimico, il WTI è un petrolio greggio di elevata qualità. Da esso, infatti, si ricava una percentuale molto alta di benzina e gasolio. E’ dunque una materia prima ambita, capace di rendere molto. Tuttavia, costa meno rispetto al Brent. Non si parla di differenze notevoli: in media il gap raramente supera i 5 euro a barile, sebbene in alcuni periodi storici, magari caratterizzati da sconvolgimenti geopolitici più che da singolari dinamiche economiche, il divario si sia assottigliato o, per converso, ampliato.
La questione del prezzo ruota attorno, in realtà, non tanto al livello qualitativo quanto alle dinamiche logistiche. Il Brent, infatti, viene estratto nel mare del Nord, tra le isole britanniche e la penisola scandinava. Dunque, si trova già su una rotta commerciale. Pertanto, è più facilmente trasportabile. Ciò genera un aumento della domanda, specie da parte delle economie emergenti, la quale sostiene il prezzo del Brent rispetto a quello del WTI.
Va detto, comunque, che prezzi del WTI e del Brent, tendono ad andare di pari passo e seguire i medesimi trend. D’altronde, stiamo parlando di una materia prima che, al netto delle differenze chimiche, si avvicina al concetto di commodity.
Cosa muove il prezzo del petrolio WTI
Il petrolio WTI è un asset e non solo una materia prima. Dunque, è dotato di suoi market mover, più altri in comune con il Brent e il petrolio in generale. Conoscere questi market mover e le dinamiche che li influenzano è fondamentale per operare nel mercato con cognizione di causa, e sfruttare a proprio vantaggio i movimenti dei prezzi. Benché, è bene anticiparlo, sia possibile ricavare dei profitti anche da trend stabilmente negativi.
Va detto, poi, che il petrolio WTI, alla stregua del petrolio in generale, è un asset tutto sommato leggibile. Ciò significa che i suoi market mover sono consolidati e in una certa misura prevedibili nell’impatto che esercitano sui prezzi. Le eccezioni non mancano, è ovvio dal momento che non stiamo parlando di una scienza matematica. Ma sono per l’appunto eccezioni, per giunta sparute e in grado, semmai, di confermare la regole.
Tra i market mover generici, che fanno capo a tutte le tipologie di petrolio e non solo al WTI, troviamo certamente le performance dei sistemi economici. Da esse, infatti, dipende la domanda dal petrolio, e da quest’ultima dipende il prezzo (anche del WTI). E’ ovvio: se l’economia cresce, lo fanno anche le attività produttive e i trasporti. La richiesta di petrolio cresce e cresce anche la sua quotazione. E’ sufficiente dare un’occhiata al grafico per comprendere la linearità di questo rapporto. I minimi toccati dal petrolio, infatti, corrispondono ai punti più bassi toccati dall’economia a livello mondiale (es. la seconda ondata della crisi del 2008 e l’apice della crisi economica causata dal coronavirus).
Un altro market mover comune a tutti gli asset petroliferi è la governance dell’OPEC. Lo scopo di questa organizzazione è gestire il prezzo del petrolio, evitando fughe in avanti ma anche brusche svalutazioni. In quest’ultimo caso, peraltro frequente da un decennio a questa parte, l’OPEC opta per un taglio della produzione, in modo che l’offerta non sovrasti la domanda. Si tratta di una manovra tutto sommato efficace, che ha dimostrato di funzionare soprattutto in via emergenziale. Le delibere dell’OPEC sono relativamente facili da prevedere in quanto a “segno” della decisione (taglio o implementazione). Lo sono molto meno in termini quantitativi (quanto viene tagliato). D’altronde, gli esiti sono frutto della contrattazione, spesso serrata e senza esclusione di colpi, dei paesi produttori.
A incidere sono anche le vicende geopolitiche. Queste coinvolgono spesso i produttori di petrolio (e non è sempre una casualità). Pensiamo al Medio Oriente e al Nord Africa, spesso teatro di conflitti e disordini. Pensiamo anche all’Iran, che è oggetto di sanzioni. Quando esplode un conflitto, un disordine o una crisi diplomatica, si modificano gli equilibri tra domanda e offerta. Tale modifica si traduce spesso in un aumento delle quotazioni. Questa dinamica è acclarata anche se non coinvolge direttamente il petrolio USA. D’altronde, se da qualche parte in giro per il mondo, un rubinetto viene chiuso, quelli aperti sono costretti a un lavoro ulteriore.
Anche le governance dei vari paesi possono esercitare una influenza, soprattutto se riguardano da vicino il tema dell’energia. Per esempio, programmi sostenuti e a stretto giro di transizione energetica premierebbero le rinnovabili a scapito del petrolio. Va detto che gli orizzonti operativi sono molto lontani, dunque l’impatto, in termini di prezzo del petrolio, è in genere limitato. Il petrolio è, ad oggi, il carburante principale tanto dei trasporti quanto delle attività produttive, e rimarrà tale ancora per molto tempo.
Vale la pena menzionare anche alcuni fattori specifici, che coinvolgono direttamente (anche se non esclusivamente) il petrolio WTI. Il riferimento è a quanto, di positivo o di negativo, accade negli USA, e in particolare negli stati produttori. Pensiamo per esempio alla concessione di licenze di estrazione – che devono percorrere sempre un complesso iter burocratico – o ai fenomeni climatici estremi che possono limitare le attività estrattive. Tra l’altro, il Texas a febbraio è stato interessato da una lunga e pesante tempesta di neve, che ha impedito di fatto l’estrazione del petrolio. Ovviamente, la limitazione delle attività estrattive porta a un aumento del prezzo, proprio perché si vanno ad alterare i precari equilibri tra domanda e offerta.
Quotazione petrolio WTI: il grafico in tempo reale
Seguire il prezzo del petrolio in tempo reale WTi e Brent è uno degli imperativi cui deve sottostare chiunque voglia generare profitto dall’investimento sull’oro nero. D’altronde, lo abbiamo già specificato WTI e Brent rappresentano i benchmark del mercato.
Tra l’altro, conoscere il prezzo corrente, e tenersi aggiornati sui cambiamenti, non è sufficiente. Occorre leggere questi movimenti con efficacia, senza farsi condizionare dai bias. Dunque, è necessario conoscere grosso modo la storia del prezzo del petrolio greggio, in modo da capire se questa o quella rivalutazione ha un significato simbolico oppure no, è importante per gli investitori oppure no.
Non è semplice, anche perché presuppone uno studio a monte, un background specifico circa la storia di questo asset.
Petrolio WTI: le previsioni per il 2021
Il petrolio WTI si è dimostrato, al pari del Brent, un asset abbastanza movimentato nel corso degli ultimi dieci anni. Il massimo è stato toccato – prendendo in considerazione questo periodo – dopo la prima parte della crisi del 2008, quando il mondo sembrava avviato verso una rapida ripresa. Il minimo è stato toccato qualche mese fa, all’apice della crisi economica scatenata dalla pandemia di coronavirus. Ad ogni modo, molto raramente in tutta la sua storia il petrolio WTI ha superato quota 100 dollari al barile. Spesso, si è tenuto a qualche dollaro di distanza dal più apprezzato Brent.
Cosa si può dire circa il 2021? La risposta presuppone un ragionamento preliminare sull’efficacia delle previsioni. Per quanto l’analisi possa apparire come una esatta, alla stregua della matematica e della fisica, ha in realtà a che vedere con la statistica e quindi con le probabilità. E’ davvero improbabile che una previsione si riveli esatta, E’ già più probabile che si avvicini alla realtà dei fatti. Tutto ciò vale sia per le previsioni a breve termine che per quelle a lungo termine, caratterizzate ovviamente da margini di errori diversi.
Ad ogni modo, il 2021 si prospettava come un anno nero per il petrolio, WTI compreso. D’altronde, il 2020 è stato pessimo, con picchi – in termini di futures – addirittura negativi. Sicché alcune organizzazioni autorevoli – sia pubbliche che private – prevedevano un prezzo del WTI e del Brent ancora molto basso, compromesso dalle difficoltà lato domanda. Tuttavia, a partire da novembre 2020 è accaduto “qualcosa”, e il prezzo è iniziato a salire. Con il trascorrere delle settimane, anche gli analisti più in gamba hanno dovuto aggiornare le loro previsioni. Attualmente, a febbraio 2020, il WTI sembra aver trovato una sua stabilità intorno a 60 dollari. Quanto questa stabilità sia destinata a durare, non è dato saperlo. Non si esclude una virata repentina al ribasso.
Il motivo del trend innescatosi a novembre va rintracciato nell’euforia degli investitori per l’autorizzazione dei vaccini contro il coronavirus, che significa principalmente una cosa: una soluzione relativamente a portata di mano per uscire dalla pandemia e riprendere il percorso di crescita economica. Dalle retrovie, hanno inciso le politiche monetarie e fiscali dei vari stati e delle varie banche centrali, che per fortuna non hanno ancora mollato la presa.
E’ ovvio che i destini del WTI (e del Brent) dipendono dalle questioni sanitarie. Se realmente i vaccini si riveleranno sufficienti a voltare pagina, allora questi asset – e tanti altri – potranno proseguire la propria corsa. La questione non ruota attorna all’efficacia dei vaccini, quanto alle dinamiche di produzione e di distribuzione. Non è facile, per le aziende farmaceutiche, mantenere i ritmi produttivi richiesti. Non è facile, per i sistemi sanitari, organizzare vaccinazioni di massa, in grado di coinvolgere, nel complesso, miliardi di persone.
Come fare trading con il petrolio greggio (e il WTI)
Esistono principalmente due modi di fare trading con il petrolio, e quindi anche con il WTI. Un modo diretto e uno indiretto.
Il modo diretto consiste nello scambio di asset legati in maniera stretta al WTI. Nel caso specifico, nei prodotti derivati da questa materia prima: Futures e CFD principalmente. Questi prodotti seguono il prezzo dell’asset, che funge quindi da sottostante. Permettono, almeno in teoria, di guadagnare anche quando il trend è stabilmente al ribasso.
I Futures sono “ufficiali”, ovvero vengono emessi da piattaforme poste sotto l’egida di enti di vigilanza. I CFD invece sono “over the counter”, un po’ come il Forex, in quanto vengono emessi direttamente dai broker.
I CFD in sé non sono regolamentati strettamente, ma lo sono invece i broker, che anzi devono possedere una regolare licenza per operare. In quanto a garanzie di sicurezza, dunque, non ci sono grandi differenze. Anzi, i CFD sono di norma più rapidi e molto meno costosi. Addirittura, alcuni broker rinunciano alle commissioni e prediligono gli spread.
La “via” indiretta consta invece nel trading sulle compagnie petrolifere, le quali hanno come market mover principale proprio il prezzo del petrolio. In questo la scelta è tra lo scambio di azioni (oppure obbligazioni) reali, o di CFD/Future che li assumano come sottostanti.
Il trading con le azioni reali permette, se detenute a lungo, il godimento dei dividendi. Tuttavia, è molto lento e costoso. CFD e Future potrebbero adattarsi meglio a un contesto puramente speculativo, con tutte le differenze appena illustrate (i primi sono meno costosi e più rapidi dei secondi). L’unico difetto è che non permettono di accedere ai dividendi. Tra l’altro, l’offerta di CFD – non tanto di Future – è negli ultimi anni crescita in maniera esponenziale, soprattutto in riferimento ai titoli azionari delle compagnie petrolifere.
La scelta del broker
Nel contesto del trading via CFD (e in alcuni casi con le azioni reali) assume una importanza plateale la scelta del broker. Esso, infatti, non si limita a gestire gli ordini, ma disegna l’ambiente entro cui il trader opera. Un ambiente che può essere confortevole e funzionale ai guadagni; ma che può essere anche scomodo e in grado di rappresentare un ostacolo più che un’opportunità. La questione non riguarda solo i costi, ma anche e soprattutto la struttura tecnica e dei servizi.
Individuare un broker onesto è relativamente semplice: per poter operare deve possedere una licenza erogata da un ente di vigilanza (es. la Cysec e la FCA). Ben altro paio di maniche è individuare un broker all’altezza delle proprie aspettative, di qualità. I fattori in gioco sono tanti, scegliere non è affatto semplice. Noi vi consigliamo di tagliare la testa al toro e di optare direttamente per Plus500, che è riconosciuto universalmente come uno dei broker migliori in circolazione.
Il caso Plus500
Plus500 è un broker molto famoso, e non a torto. Infatti, eroga servizi di qualità, di gran lunga superiori alla media degli altri broker. Mette a disposizione una quantità di CFD straordinaria, che copre praticamente tutte le asset class. Ovviamente, è possibile fare trading con i CFD sul petrolio greggio e quindi anche sul WTI.
Uno dei punti di forza di Plus500 riguarda l’approccio ai costi. Ebbene, quelli di Plus500 sono molto accomodanti. Le commissioni sono infatti azzerate. Esatto, mentre si fa trading, non è necessario pagare alcuna commissione. Esse sono sostituiti da degli spread, che sono generalmente bassi e comunque variabili (in base alla liquidità dello strumento e altri fattori). Tale approccio si evince anche dal deposito minimo iniziale, che è davvero basso, pari a 100 euro. Dunque, l’apertura di un conto è un’azione alla portata di tutti.
Plus500, poi, mette a disposizione tantissimi strumenti di analisi, per mezzo dei quali il trader può acquisire una consapevolezza spiccata del mercato, e mantenerla nel tempo. Può fare trading con cognizione di causa, conferendo alla sua attività di investimento un’impronta per quanto possibile scientifica. Anche l’assistenza e la formazione, poi, sono al top. Insomma, Plus500 si pone dalla parte del cliente.
Fare trading con Plus500 è un gioco da ragazzi. E’ sufficiente seguire i tanti tutorial che mette a disposizione. In una sola schermata, per esempio, è possibile scegliere l’asset, l’importo da investire, i livelli di stop loss, i livelli di entrata e molto altro.
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I CFD sono strumenti complessi e presentano un rischio significativo di perdere denaro rapidamente a causa della leva finanziaria. Il 72% dei conti degli investitori al dettaglio perdono denaro a causa delle negoziazioni in CFD con questo fornitore. Assicuratevi di conoscere il funzionamento dei CFD e di potervi permettere di correre questo alto rischio di perdere il vostro denaro.